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Home SostieniciLasciti e legati«Parlare… anche dei tabù!»

Parlare… anche dei tabù!

Chi si occupa di eredità deve affrontare il tema della morte, un argomento spesso taciuto nella nostra società. L’impresaria funebre Madlen Heer, dell'impresa funebre Belorma, ci spiega in perché è così importante il modo in cui diciamo addio ai nostri cari. 

L'impresaria funebre Madlen Heer (all'estrema sinistra nella foto) con il suo team di Belorma.  (Foto: Madlen Heer)
L'impresaria funebre Madlen Heer (all'estrema sinistra nella foto) con il suo team di Belorma. (Foto: Madlen Heer)

Intervista di Elisabeth Winzler

Signora Heer, lei dirige dal 2011 un'impresa funebre composta da sole donne. In che modo Belorma è diversa nel settore delle pompe funebri, altrimenti dominato dagli uomini? 

Madlen Heer: Potrebbe avere a che fare con il fatto che sembriamo e siamo percepite come empatiche e autentiche. Alcune persone scelgono la nostra impresa proprio perché siamo donne. Altre al contrario non riescono nemmeno a immaginare che delle donne riescano a portare una bara. Cerchiamo sempre di coinvolgere attivamente i parenti, a volte chiedendo loro di aiutarci fisicamente. Sono momenti toccanti, ad esempio quando si tratta di portare la bara dei propri genitori.

Fare del bene oltre la propria vita

Le persone che lasciano una parte della loro eredità a Comundo, il cosiddetto lascito o legato, ci permettono di raggiungere una stabilità finanziaria a lungo termine e di garantire i nostri programmi per le persone svantaggiate del Sud del mondo. 

Potete contattare la sede regionale per la Svizzera italiana per tutte le domande sui lasciti. Saremo liete di rispondere alle vostre domande o di illustrarvi le diverse possibilità di destinare il vostro contributo a un progetto o a un programma Paese in particolare. Naturalmente, le vostre richieste saranno trattate in modo confidenziale e con la massima discrezione.

 

Contatto

Beatrice Bürge

Responsabile lasciti
+41 58 854 11 55
E-Mail

Prima di avviare la sua impresa di pompe funebri, lei ha lavorato come insegnante di sostegno e poi con le persone anziane. Come è avvenuto il riorientamento professionale? 

Nella mia vita professionale sono entrata in contatto con tutte le fasi della vita: come insegnante di sostegno con bambini e adulti con disabilità mentali, poi nel mio lavoro con le persone anziane, fino al mio attuale ruolo di impresaria funebre. Ho sempre continuato a percorrere l'arco che va dalla crescita alla vecchiaia e alla morte; c'è sempre stato qualcosa che spingeva dentro di me.  

Per chi lavora in una casa di riposo, la morte fa quasi parte della quotidianità. Come è nato in lei il desiderio di dedicarsi interamente al tema dell'addio e della morte?      

Con i tirocini in varie strutture di assistenza e gli studi per diventare gerontologa, mi sono formata e ho approfondito le mie conoscenze sul lavoro con le persone anziane. Il tema della vecchiaia e della morte mi affascinava sempre di più e mi interessava molto il modo in cui le persone affrontano la fine della vita. Tuttavia, oltre al mio lavoro, non avevo il tempo di occuparmi di queste questioni in modo approfondito. Nel ruolo di responsabile di un gruppo di assistenza residenziale, avevo spesso a che fare con gli impresari di pompe funebri e vedevo come, in generale, si occupano dei defunti. Da lì è nato in me il desiderio di fare le cose in modo diverso.  


Sono momenti toccanti, ad esempio quando si tratta di portare la bara dei propri genitori.


Come facevate nella casa di riposo, quando qualcuno moriva?

Ho stabilito un rituale per salutare le persone decedute nel nostro istituto. Portavamo la bara con la persona defunta nella sala polivalente e l'équipe, i vicini e i parenti erano invitati a quest'ultimo incontro. Poi raccontavamo qualcosa di quella persona e del suo periodo di vita con noi, di solito cantando un inno e pregando. In questo modo, potevamo dare anche agli altri residenti l'opportunità di avvicinarsi alla bara, sprubenedire con l'acqua santa e dire addio. 

Come è stato accolto questo rito di addio?   

Le persone che vivono in una casa di riposo spesso non hanno la possibilità di partecipare a un funerale in chiesa, anche solo perché non possono raggiungerla. Questa possibilità di dire addio ai defunti per alcuni di loro è stata preziosa e apprezzata. Molti residenti hanno desiderato lo stesso rituale in occasione della propria morte.    

C'è stato un momento chiave che l'ha spinta ad avviare la sua attività in proprio?   

Il reportage con l'impresario di pompe funebri Ricco Biaggi che è passato alla televisione svizzera. Ho pensato che i funerali dovrebbero essere esattamente così: qualcosa di completamente naturale, niente di istituzionalizzato. La morte esiste, la si può mostrare e può essere un argomento di discussione. Questo mi ha affascinato. Nell’impresa Belorma la affrontiamo così. Già quando abbiamo fondato l'azienda, io e la mia collega di lunga data e cofondatrice Barbara Karner-Küttel avevamo una ferma convinzione che volevamo mettere in pratica: coinvolgere i parenti fin dall'inizio.    


Non vogliamo avere fretta nel chiudere la bara, 
è un momento particolarmente prezioso.


Come si svolge concretamente un funerale?   

Nella nostra impresa Belorma fa parte del rituale la lettura di una poesia o di un testo meditativo, a bara aperta. All'inizio, nel reparto di patologia, il personale si stupiva del fatto che ci prendessimo il tempo di farlo dopo la deposizione della persona deceduta nella bara. Ma nessuno si è mai opposto a questa procedura. 

Perché questo momento è così essenziale per voi?  

Il momento prima della chiusura della bara, il fatto di rallentare e concedersi una pausa, produce qualcosa di prezioso. Se recito qualcosa di toccante, ciò mi dà la possibilità di rivolgermi ai parenti e di creare un legame tra il defunto e i parenti.  Se mi spingo un po' più in profondità, mi avvicino, rendo possibile un contatto, può darsi che chi è lì in quel momento si apra e rifletta su chi era la persona che abbiamo appena deposto.  In questo modo si sviluppa un contatto di fiducia. La mia esperienza e il mio radicamento mi permettono di affrontare le cose che non sono ovvie, o di rimanere in silenzio se è meglio. 

Madlen Heer parlerà del suo lavoro il 25 settembre 2023, in occasione di un incontro (in tedesco) alla RomeroHaus di Lucerna. Le pesone interessate a partecipare possono contattare Beatrice Bürge, beatrice.buerge@comundo.org o tel. 058 854 11 55.