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Lasciti e legati

Che cosa rimane quando me ne vado? Chi stila le proprie ultime volontà in anticipo può godere della propria vita senza altri pensieri.

Con un legato sostenete il nostro impegno per un mondo più giusto e sostenibile e donate ai più sfavoriti la speranza in un mondo migliore.

Avete costituito il vostro patrimonio attraverso il tempo e lo avete investito con attenzione. Vi assicuriamo di continuare a curare il vostro legato con attenzione.

Pensate di menzionare Comundo (erede della Missione Betlemme Immensee) nel vostro testamento? Volete consultarci personalmente o conoscere meglio il nostro lavoro? Contattateci senza impegno e saremo liete di consigliarvi al meglio. 

Potete contattare la sede regionale per la Svizzera italiana per tutte le domande sui lasciti. Saremo liete di rispondere alle vostre domande o di illustrarvi le diverse possibilità di destinare il vostro contributo a un progetto o a un programma Paese in particolare. Naturalmente, le vostre richieste saranno trattate in modo confidenziale e con la massima discrezione.

I NOSTRI PROGETTI

 

 

 

Il pensionato dall’animo blues

Vengo informata della morte di Roberto* attraverso una lettera dell’ufficio in materia di successione: Comundo, assieme ad altre tre associazioni senza scopo di lucro, è fra gli eredi del suo patrimonio. 

Sono alla mia scrivania nella RomeroHaus di Lucerna e mastico la mia matita. Una malinconia indefinita si diffonde in me. Come sarà quando toccherà a me lasciare questa vita? Ci sarà qualcuno che mi terrà la mano, che mi incoraggerà a non aver paura del grande vuoto che mi aspetta? O la morte mi afferrerà all'improvviso, strappandomi in un istante dalle mie attività e dalla mia gente, senza lasciarmi il tempo di preparare il viaggio finale? 

Qualche giorno dopo mi trovo nell’ufficio competente in materia di successioni e cerco di immaginarmi come la polizia abbia trovato il corpo di Roberto. Forse hanno dovuto chiamare un fabbro per aprire la porta. Magari Roberto era seduto sulla sua poltrona un po' logora, con la testa leggermente inclinata in avanti, come se si fosse appena appisolato, tranquillo. Me lo immagino in pace con sé stesso. Che non amasse il lusso lo si intuisce dalla semplicità del suo appartamento, senza tanti fronzoli. Sui ripiani in compensato ci sono alcune immagini di Gesù Cristo e dei minerali, assieme a libri e molte fotografie di viaggi in America Latina, probabilmente degli anni '80.

Provo a costruirmi un’immagine di chi era Roberto. A casa sua sembrava tutto molto bene organizzato. Tutti i suoi prodotti per la pulizia erano biodegradabili; il cibo, quasi tutto di provenienza biologica, era ben conservato nel frigorifero. Immagino che Roberto avesse una certa sensibilità verso un'alimentazione sana e il rispetto dell'ambiente. Aveva pensato molto bene a come suddividere i suoi beni, nominando nel suo testamento quattro enti di beneficenza come unici eredi del suo patrimonio, da dividere in parti uguali. Nessun discendente, pochi parenti e nessun contatto con i suoi familiari lontani.

Non è la prima volta che siamo beneficiari di un’eredità, ma non ci era mai successo di occuparci di questioni più intime legate alla persona defunta: di solito siamo informati quando tutto è già stato fatto. Questa volta è diverso: Roberto era stato molto chiaro su alcuni punti, mentre altri erano rimasti completamente aperti. 

Ad esempio: ha deciso di lasciare l’arredamento di casa sua a un negozio di seconda mano. Ma ci hanno fatto sapere che non avrebbero ritirato tutto e che avremmo dovuto pagare lo sgombero e lo smaltimento del resto della mobilia. Insieme ai responsabili dell'ufficio successioni, noi quattro organizzazioni dobbiamo prendere all'unanimità tutte le decisioni su come procedere, cercando di attuare le ultime volontà di Roberto in modo rispettoso e coerente. 

"Cosa bisogna fare con la sua urna?” La domanda dell’impiegata dell’ufficio mi strappa dai miei pensieri e mi fa sobbalzare. "Come? Perché, l'urna non è ancora stata sepolta?", chiedo. "No, nessuno se ne è occupato". La risposta mi fa riflettere. Roberto non aveva lasciato nessuna indicazione su come organizzargli il funerale!

Questa proprio non ce l’aspettavamo. Come si fa a seppellire qualcuno che non si conosceva personalmente? Cosa avrebbe voluto Roberto? Sarebbe giusto tumularlo nella tomba di famiglia, visto che esiste ancora? Ma è lontana da dove vive e da parecchio tempo Roberto non aveva più contatti con la famiglia. Alla fine, decidiamo per una tomba comune nella sua comunità di origine con il nome di "Amore". In fondo Roberto persegue l’amore per il prossimo nel suo testamento. 

Le esequie si svolgono un mercoledì mattina, alle nove. La chiesa cattolica si sta gradualmente riempiendo dei frequentatori che vanno solitamente in chiesa in un giorno feriale ordinario. Mi guardo intorno con attenzione e curiosità: chissà se qualcuno è venuto per il funerale di Roberto? L’annuncio è apparso tra quelli della chiesa e nel bollettino parrocchiale. 

Sono io a dire qualche parola in suo onore, durante la cerimonia. Provo a descriverlo, secondo l’immagine che me ne sono fatta in base alle tracce che ha lasciato. Non voglio dire nulla di sbagliato, vorrei avvicinarmi il più possibile alla realtà. Come letture ho scelto il Cantico dei Cantici e concludo con una citazione da Il Piccolo Principe di Antoine de St. Exupéry: l’essenziale è invisibile agli occhi e non si vede bene che con il cuore. 

Siamo pochi: due rappresentanti delle organizzazioni che Roberto ha designato come eredi, la responsabile della parrocchia, il sacrestano, il chierichetto e il becchino del cimitero, che porta l'urna. Un piccolo corteo funebre in un giorno di pioggia in primavera. Ci avviamo al cimitero un po’ mesti. E proprio lì ci aspettano due signori, probabilmente anch'essi sulla settantina, con un sorriso. Roberto era un loro caro collega musicista. Negli anni '80 suonavano insieme blues e rock. Roberto era un chitarrista di talento, ci dicono con orgoglio. Si erano persi di vista nel corso degli anni, ma non lo hanno dimenticato. Ci mostrano alcune foto di quel periodo. E finalmente possiamo dare un volto al nostro benefattore: eccolo lì, con la sua chitarra.

Quando gli impiegati della chiesa se ne sono andati e restiamo solo in quattro davanti alla tomba, i due ci fanno sentire una vecchia registrazione di quei tempi e, al ritmo di blues, mi sfugge qualche lacrima. 

Addio, Roberto, continuerai a fare del bene anche dopo la tua morte, attraverso l’eredità che ci hai affidato. Sono grata di questo e felice di poter assicurare che la tua generosità contribuirà alla costruzione di un mondo più giusto.

*La storia è basata su circostanze vere, ma il nome del defunto è stato cambiato.