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Dove gli Incas sono ancora vivi

Nelle Ande peruviane molte persone devono lasciare i loro villaggi d’origine, perché non c’è lavoro. Un'associazione di famiglie indigene vuole quindi sviluppare un turismo sostenibile nei villaggi di montagna. Li rafforza il cooperante di Comundo Marc Fessler.

Testo di Röby Koller

ono seduto nella cucina di una semplice casa in pietra, nell’alto delle Ande peruviane. Nonostante il fuoco a legna nell'angolo cottura scoppietti, nella stanza ci saranno a malapena 15 gradi. Aiuto Demecia Sulca Puma a preparare la cena sbucciando le patate, mondando i fagiolini e pestando le erbe aromatiche nel mortaio. Uno dei bambini è accovacciato davanti al fuoco e rimesta nelle pentole, un altro soffia sulla brace con un lungo tubo. Di tanto in tanto una gallina si avventura in cucina, mentre alcuni porcellini d’India ci sfrecciano tra le gambe.

Demecia e suo marito Agustin vivono con i loro tre figli nel villaggio di Challwaccocha a 4’500 metri di altitudine. Il paesaggio è contraddistinto da colline e prati pianeggianti su cui pascolano cavalli, alpaca e pecore.

«Una visita a questi villaggi è come un viaggio in un altro mondo».
 

Non lontano da qui milioni di turisti si recano ogni anno alle famose rovine di Machu Picchu. Lì l’economia legata al turismo è in piena espansione: ci sono agenzie di viaggio, negozi di souvenir, commercianti di strada. Tutti vogliono guadagnare soldi dalla clientela internazionale. Ma qui, in questa valle laterale senza nome, non ci sono infrastrutture. La maggior parte degli abitanti sono campesinos, cioè agricoltori. La vita è povera. Le persone devono cavarsela con 150 Soles peruviani al mese, l'equivalente di 50 franchi. Alcuni arrivano solo a 15 franchi. I giovani, in particolare, devono spesso lasciare i loro villaggi di montagna perché non hanno un lavoro.
 


Sono venuto qui per far visita al cooperante di Comundo Marc Fessler. L'ingegnere ambientale 33enne sostiene l'organizzazione partner di Comundo Inkas Vivientes. Si tratta di un'associazione di cinquanta famiglieindigene, le quali hanno deciso di prendere in mano il proprio destino economico. Il loro obiettivo è quello di avvicinare i viaggiatori stranieri alla loro cultura attraverso il turismo sostenibile, ad esempio mostrando loro come possono tessere la lana di pecora o di alpaca con motivi artistici o come preparano unguenti a base di erbe medicinali. Ciò può creare nuove opportunità di reddito a livello locale, migliorare la qualità della vita e preservare la cultura tradizionale.
 


Infatti, una visita a questi villaggi è come un viaggio in un altro mondo, lontano dalla vita moderna del ventunesimo secolo. Gli uomini, le donne e i bambini, con i loro coloratissimi poncho, gonne e cappelli sono orgogliosi delle loro tradizioni e della loro identità. «È una vita completamente diversa dalla nostra – ci spiega Marc Fessler –. Le persone vivono insieme ai loro animali: alpaca, polli, maiali. Si mangia quello che si ricava dal campo. La gente si costruisce la propria casa, si tesse i propri vestiti. Vivono come i loro antenati Inca secondo il simbolismo tradizionale del tawa chakana, la croce andina, con le tre sfere del condor, del puma e del serpente».

Gli indigeni parlano il quechua, sono persone semplici e piuttosto isolate. Dopo secoli di oppressione da parte di un regime straniero, non è sempre facile per loro comunicare con i viaggiatori, il che è indispensabile per il successo nel turismo.


Molte persone non hanno mai avuto a disposizione un computer in vita loro, e l'accesso a internet nella valle è diventato possibile solo di recente. Ecco perché Marc Fessler sostiene gli uomini e le donne della valle proprio per quello che riguarda internet e il marketing. «Insieme abbiamo elaborato offerte turistiche con tanto di prezzi, creato un sito web, video e brochure e siamo in contatto con diverse agenzie di viaggio», dice Marc Fessler. Il suo obiettivo è che gli Incas Vivientes familiarizzino con i computer e il marketing, così quando se ne andrà potranno continuare a lavorare autonomamente, senza il suo supporto.

Per la cena di stasera, Demecia ha preparato una zuppa di quinoa con verdure e un cuy, uno dei porcellini d’India che prima scorrazzavano tra le nostre gambe. L’animale è trattato con rispetto dall'inizio alla fine: ci si congeda da lui con una piccola cerimonia in cui è coperto di petali per dirgli addio.
 


Il giorno seguente partiamo la mattina presto. Abbiamo vissuto giornate incredibili con persone affettuose e curiose, ma anche spesso riservate. Resta da sperare che gli Incas Vivientes riescano a migliorare la loro situazione economica grazie al turismo senza dover vendere anima e corpo. L’obiettivo dell’organizzazione partner di Comundo è il turismo sostenibile, che permetta loro di guadagnare qualcosa senza rinunciare alla propria identità.

 

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