Tra culture diverse: imparare e crescere insieme
Quando si tratta di collaborazioni all'estero, si incontrano diverse visioni del mondo, stili di vita, modi di pensare e di agire. Ciò che prima era dato per scontato viene messo in discussione. Quali opportunità e sfide comporta la cooperazione interculturale? E come si può renderla efficace? Ne abbiamo parlato con Cora Jüttemann che accompagna i futuri cooperanti presso Comundo e che ha lavorato per tre anni in Zambia come cooperante.
Cosa si intende quando si parla di interculturalità in Comundo?
Cora Jüttemann: Apprendimento interculturale non significa (solo) imparare il più possibile sulle altre culture, ma entrare in relazione con esse e percepire se stessi come influenzati da esse. Il processo inizia spesso con un certo senso di irritazione: ovvero quando le cose non funzionano come siamo abituati. In questi momenti c'è un grande potenziale di apprendimento, non solo sull'altra persona e sul nuovo contesto, ma anche sui punti ciechi della propria personalità. Attraverso questa riflessione critica si sviluppa la comprensione dell'altra cultura e si acquisiscono competenze fondamentali per una collaborazione di successo, come l'empatia, l'apertura mentale e la capacità di adattamento.
Cosa si può imparare dalle differenze culturali?
Cora: Che il proprio punto di vista non è l'unico. Sembra banale, ma è profondo. Durante il mio interscambio ho spesso notato quanto velocemente interpreto le cose in base al mio background e quanto possa essere liberatorio togliersi questi occhiali. Le differenze culturali sono una sfida, ma aprono anche la mente: ad altre realtà di vita, altre priorità, altre forme di conoscenza. Non si tratta di rinunciare a se stessi o di diventare indifferenti, ma di entrare in dialogo con apertura mentale e con la disponibilità a mettersi in discussione.
Per me, ad esempio, la visione di concetti come competenza e appartenenza è cambiata radicalmente. Sono cresciuta con l'idea che la competenza fosse definita principalmente dai titoli di studio e dai risultati individuali. Durante l'interscambio, però, ho scoperto quanto possa essere preziosa l'esperienza condivisa dalla comunità e che l'appartenenza nasce principalmente dalle relazioni, non dalla posizione. Queste intuizioni mi hanno aiutato a riconsiderare le mie idee di riconoscimento e ruolo.
Quali competenze interculturali sono necessarie per un interscambio?
Cora: Muoversi in un contesto interculturale significa trovarsi spesso in situazioni che non si conoscono, ma permettere loro di bloccarci. Ciò richiede non solo flessibilità, ma anche la capacità di osservare attentamente prima di agire. Chi cerca soluzioni rapide spesso trascura ciò che è realmente necessario. Costruire relazioni è fondamentale, ma non in modo affrettato. La fiducia nasce lentamente ed è proprio questo il suo punto di forza. Bisogna anche saper sopportare quando qualcosa non funziona o non è chiaro immediatamente. Per me questo tipo di competenza è meno una tecnica che un atteggiamento: attento, paziente, pronto a mettersi in gioco continuamente..
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Cora Jüttemann
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Qual è il ruolo di una persona cooperante durante l'interscambio?
Cora: Essere cooperante significa apportare competenze e una prospettiva diversa, ma non una soluzione pronta all'uso. Si tratta di rendere le conoscenze sensibili al contesto e utilizzabili da tutti. In un buon interscambio i ruoli si confondono: non è sempre chiaro chi accompagna e chi impara. Diverse prospettive si incontrano e insieme si può sviluppare qualcosa di nuovo. Chi crede che come cooperante si dia solo, trascura quanto si riceve e si impara.
Come ci si può preparare? Cosa viene insegnato nel corso di preparazione?
Cora: Oltre alle questioni pratiche, il corso di preparazione verte soprattutto sull'atteggiamento: quali immagini ho in mente quando penso al paese d'interscambio? In che modo il mio background culturale mi influenza e come gestisco i rapporti di potere che sono presenti in ogni interscambio? Ciò include anche un approccio consapevole e sensibile all'eredità coloniale, ovvero alle idee, ai modelli e alle strutture che continuano ad avere un effetto fino ad oggi, spesso in modo impercettibile e senza che ce ne rendiamo immediatamente conto. Questa riflessione non è un punto della lista delle cose da fare che può essere spuntato, ma un processo continuo.
In che modo le esperienze interculturali influiscono successivamente sullo sviluppo professionale e personale?
Cora: Credo che chi abbia sperimentato quanto sia relativo ciò che si dà per scontato non possa più vivere la propria vita senza riflettere. Le esperienze interculturali non solo ampliano le conoscenze, ma cambiano anche le prospettive in modo duraturo.
Come cambia la vita dopo un interscambio?
Cora: Il modo in cui la vita cambia dopo un intersacmbio è molto individuale. Per alcuni cambia il centro della loro vita, dal punto di vista geografico o professionale. Altri tornano al loro ambiente abituale. Ma un'esperienza del genere lascia un segno in tutti. Non è come un interruttore che cambia improvvisamente tutto. È piuttosto un cambiamento silenzioso, ma duraturo: ciò che prima era scontato viene messo in discussione. Le priorità vengono ridefinite. Non perché si è costretti a farlo, ma perché cambia la prospettiva. Alcune cose perdono importanza. Altre diventano, al contrario, diventano fondamentali: cose che prima erano forse secondarie, improvvisamente vengono percepite in modo più consapevole. Nel consumo, ad esempio, ci si chiede piuttosto: ne ho davvero bisogno? E quale valore reale ha questo prodotto al di là del suo prezzo in denaro?
Tu stessa sei stata cooperante. Cosa è cambiato nella tua vita?
Cora: Sono diventata più tranquilla. Non nel senso di passiva, ma più lucida su ciò che mi motiva e su quali valori e obiettivi sono secondari per me. La mia visione delle disuguaglianze globali è diventata più differenziata, ma anche più urgente. E ho imparato che sono parte del problema. E allo stesso tempo parte della soluzione, in termini di cosa deve essere cambiato. Il cambiamento non deve essere sempre rumoroso. A volte ci si sente impotenti come singoli individui, soprattutto di fronte alle grandi disuguaglianze nel mondo. E allora sembra di essere troppo piccoli per cambiare qualcosa. Ma quando molti si muovono e si attivano, anche ciò che prima sembrava immutabile cambia.
Per me, l'interscambio non è stato solo un'esperienza formativa, ma anche il mio ingresso nella cooperazione internazionale. Oggi, presso Comundo, ho l'opportunità di selezionare nuove persone cooperanti e di accompagnarle nel loro percorso. In questo modo, per me si chiude un cerchio e allo stesso tempo se ne apre uno nuovo.
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