Un mondo più giusto si costruisce restando umani
Lavorare nel mondo della finanza e impegnarsi per la cooperazione internazionale: perché no? Intervista a Riccardo Pescia, membro del comitato di Comundo.

Riccardo, il tuo percorso nella cooperazione e nella diplomazia è lungo e articolato. Da dove nasce questo interesse?
Piuttosto presto: già al liceo ero affascinato dalla dimensione internazionale, dai conflitti e da come si potessero evitare attraverso il dialogo e la diplomazia. Mi interessavano le relazioni tra i paesi, i negoziati, la cooperazione. Anche le strutture formali mi incuriosivano. Fin da allora sentivo che il mio sguardo era rivolto verso l’esterno, verso ciò che accade fuori dalla Svizzera.
È da questa passione che è iniziata la tua carriera?
Esattamente. Dopo il concorso pubblico, ho cominciato nel mondo della diplomazia come “stagiaire” a Berna e poi a Londra. Quando sono tornato in Svizzera sono stato catapultato in una sezione del DFAE che si occupava di promozione della pace: Nord Africa, Medio Oriente, Territori Occupati e America Latina. Sono stati anni molto formativi.
Avevi anche la possibilità di viaggiare?
Sì, per esempio c’era la coordinazione per la Svizzera di una missione internazionale a Hebron (TIPH – Temporary International Presence in Hebron), in Cisgiordania. Ci lavorava anche personale civile svizzero che contribuivo a selezionare e formare. Lo scopo della presenza internazionale era di monitorare e osservare. La città era divisa in due settori, con tensioni altissime, una situazione simile all’apartheid. Ma anche lì si poteva intravedere uno spiraglio di pace, se c’era qualcuno disposto ad ascoltare, a esserci. Non sono credente, ma Gerusalemme suscita sempre emozioni molto forti, si respira la Storia.
Hai un legame particolare anche con la Colombia.
È vero, la Svizzera era stata invitata, quale paese amico, ad accompagnare il processo di pace in un contesto di violenza senza fine. Oltretutto in un paese estremamente moderno dal punto di vista costituzionale. Ho potuto conoscere e incontrare diversi rappresentanti non solo del governo e della società civile, ma anche delle organizzazioni guerrigliere, come le FARC e ELN. Quando le notizie si sentono al Telegiornale sembrano lontanissime, ma quando incontri quelle persone si crea un rapporto umano che può far germogliare fiducia e rispetto, nonostante le diversità. È lì che può nascere qualcosa.
Poi però hai lasciato quel mondo…
Sì, la vita ti pone continuamente di fronte a nuove esigenze: assieme a mia moglie avevamo creato la nostra famiglia che aveva altre priorità rispetto alle ambizioni personali. Quando abbiamo scelto di tornare in Ticino, ho cambiato settore: oggi lavoro nel mondo della finanza. Un contesto completamente diverso. Ma, dopo un po’, mi mancava qualcosa: quel contatto umano, quel senso di contribuire davvero a migliorare le condizioni di vita di chi è meno fortunato di noi.
Ed è lì che hai incontrato Comundo?
Sì, e lo considero un vero colpo di fortuna. Il mio impegno con Comundo mi gratifica, mi fa stare bene. Mi ha ridato quel senso di connessione con chi si impegna sul campo, con chi mette le proprie competenze al servizio di cause fondamentali. È tornata quella scintilla che avevo all’inizio della mia carriera.
Non trovi strano conciliare il lavoro nella finanza con l’impegno nella cooperazione?
Assolutamente no. Anzi, penso che sia possibile — e auspicabile — conciliare le due cose. Non dobbiamo per forza scegliere tra lavoro e valori: possiamo trovare spazi per contribuire, anche in contesti molto diversi. Non è solo chi parte come cooperante a fare la differenza. Io non avrei il coraggio di farlo! Ma anche da qui, con impegno, passione e responsabilità, possiamo avere un impatto.
Cosa diresti a chi ci legge e si chiede se valga la pena impegnarsi?
Che ne vale la pena, sempre. Abbiamo una fortuna enorme e dovremmo esserne consapevoli. Il mondo ha bisogno di persone che si espongano, che non si tirino indietro. Anche piccoli gesti, se coerenti, possono contribuire a un cambiamento reale. In Comundo ho trovato persone semplici, ma con una forza straordinaria. Mi sento fortunato a poterle affiancare, anche solo in parte.
Qual è il messaggio che ti sta più a cuore?
Che un mondo più giusto si costruisce restando umani. Con ascolto, con rispetto, con volontà. E che l’impegno per la cooperazione non è un sacrificio: è un dono, anche per sé stessi. Chi sceglie di agire non solo fa qualcosa per gli altri, ma arricchisce la propria vita.